sabato 28 dicembre 2024

Il futuro

Il futuro - Naomi Alderman

Il nuovo libro della Alderman è attuale, una distopia molto vicina, fin dalle prime pagine percepibile come imminente. Si parla di un futuro prossimo, alquanto prevedibile, dominato dalle aziende big-tech o big-data, un mondo dove il possesso dei dati e la possibilità di pilotare le persone costituiscono la chiave del potere. Non è forse già così? Il mondo deve fare i conti con i cambiamenti climatici  e la disfatta del nostro ecosistema e su questo scenario si sviluppa la storia di tre tra le persone più ricche e influenti del pianeta, costrette a subire le conseguenze del loro ego smisurato. Saranno gli uomini a trovare una soluzione per salvare il pianeta dal collasso o sono proprio gli uomini quelli "di troppo"?. Il libro mi è piaciuto e le parti più futuristiche/fantascientifiche sono ben inserite in un contesto molto vicino alla realtà che sperimentiamo ogni giorno, rendendo il tutto molto palpabile e credibile. E' un libro attuale, fresco, nel linguaggio e negli argomenti. Nella sostanza parla dello smisurato egoismo umano, della sete di potere, che nella nostra malnata società si traduce con il possesso di grandi quantità di denaro. La logica del potere, del dominio. Se ci sarà una causa all'estinzione della razza umana, sarà la nostra incapacità di affrancarci da questa logica.

"Non me ne importa più niente. Un giorno le stelle si spegneranno a una a una, come in quel racconto di Arthur C. Clarke, ma prima il sole diventerà una supernova e farà evaporare i mari e in fondo siamo solo una specie inutile e le specie vivono e muoiono, è questo che fanno. Non ci sarà un pubblico né il giudizio universale né un redentore vivente e alla fine dello spettacolo non verrà nessuno a dirci il nostro punteggio e cosa potevamo vincere. Nessuno ricorderà la razza umana o gli Stati Uniti o San Francisco"

"Tutte le cose importanti erano già qui prima di noi e resteranno qui anche dopo di noi. Gli animali si vogliono bene. Fanno fatica e cercano il piacere, si rilassano al sole e si confortano a vicenda, odiano e si vendicano. Gli animali vogliono bene ai loro piccoli. Se pensate di volere più di questo, vi state solo illudendo. Soffriamo di arroganza incurabile e prima veniamo spazzati via meglio è."

lunedì 9 dicembre 2024

Lettera al padre

Lettera al padre - Franz Kafka

Il difficile rapporto di Kafka con il padre oppressivo, un uomo con una personalità e una sicurezza schiaccianti. Il molte parti di questa lunga lettera chi è padre si riconoscerà, perché nessuno è veramente esente da forzature inferte ai figli. E nessun figlio è estraneo dall'aver incolpato il genitore delle proprie debolezze, perché tutti abbiamo bisogno di un capro espiatorio per levarci di dosso il senso di inadeguatezza che ci affligge. Kafka ha sicuramente sofferto delle proprie debolezze fisiche e psicologiche e del conflittuale rapporto con il padre. Tutto questo si riflette senza dubbio sulla sua produzione di scrittore e probabilmente questo suo senso di sconfitta e impossibilità di prendere in mano le situazioni lo si ritrova nei suoi libri, anch'essi incompiuti, come la sua stessa vita.

mercoledì 4 dicembre 2024

Sic Mundus Creatus Est

Dark - serie Netflix

Non sono un grande divoratore di serie TV, in genere mi limito a quelle suggerite da mia figlia che ormai conosce i miei gusti in fatto di film. Dark mi è piaciuto parecchio, sto ultimando la seconda visione delle intere tre stagioni che lo compongono. Dark è una storia che richiede impegno, memoria, è cupa e in qualche modo travolgente. Non si ride mai guardando questa serie, né i personaggi lo fanno mai, tutto è avvolto da un alone di tragedia imminente.  E' fantascienza, parla di viaggi nel tempo  e di quanto siamo o non siamo padroni delle nostre vite. La trama di parentele dei protagonisti della serie e il fatto che tutto sia vissuto in diversi piani temporali, rende il tutto intricato e misterioso, ma con un po' di attenzione (e con qualche visione extra) tutto sembra incastrarsi al posto giusto, il cerchio si chiude o, meglio, si ripiega su se stesso, in un circolo senza fine. Bello, mi ha preso molto: la sensazione di ineluttabilità delle cose, la simbologia che permea gli avvenimenti, quel velo scuro e triste che sembra avvolgere tutto e tutti... Una delle mie serie preferite (dopo Twin Peaks naturalmente).

martedì 3 dicembre 2024

Mattino e sera

Jon Fosse - Mattino e Sera

In questo breve romanzo Fosse, con la sua tipica, ritmata, musicale prosa, quasi una cantilena, che ormai riconosco così bene dopo aver letto le sue opere più lunghe e famose, esplora l'inizio e la fine della vita di un uomo, un umile pescatore. L'uomo viene dal nulla, esce dal corpo di una donna, e quando è la sua ora semplicemente svanisce e ritorna al nulla. Cosa c'è nel mezzo? Quanto conta quello che c'è tra il nulla e il nulla?

" ...il piccolo Johannes, vedrà la luce del mondo perché è cresciuto grande sano e bello nell’oscurità e nel calore della pancia di Marta, dal non esistere assolutamente si è trasformato in un essere umano, un bambino, sì, dentro la pancia di Marta si sono formate le dita delle mani, dei piedi e il viso, lì dentro si sono plasmati anche gli occhi e il cervello e magari ha anche qualche capello, e adesso, mentre la mamma Marta urla di dolore, verrà alla luce in questo mondo freddo dove sarà solo, separato da Marta, separato da tutti gli altri, sarà solo sempre solo e poi, quando verrà il momento, quando sarà la sua ora, si dissolverà e si trasformerà in nulla e ritornerà là da dove viene, dal nulla e al nulla, questo è il corso della vita, per esseri umani, animali, uccelli, pesci, case, recipienti, per tutto quello che esiste."

mercoledì 27 novembre 2024

Ma cosa si fumavano questi?

Guida stupefacente della filosofia - Alessandro Paolucci (Dio)

Un libro spassoso che indaga l'uso volontario o involontario di sostanze stupefacenti da parte di famosi filosofi. Se in qualche caso lo stato alterato della mente è stato causato da sostanze non conosciute e ingerite per caso, in altri casi l'abuso di droghe è stato voluto e alquanto goduto. Incontriamo così tanti grandi nomi della filosofia e le loro strane abitudini con una grande quantità di droghe, per altro totalmente legali nel loro tempo. Un abuso che è costato la salute a molti e che forse un po' ha inciso sull'apertura mentale di questi famosi pensatori. Non un libro di filosofia quindi, ma un divertente saggio sulle sconosciute e stabilimenti abitudini di noti filosofi.

mercoledì 13 novembre 2024

Siamo zombie

Seneca tra gli zombie - Rick Dufer (Riccardo Dal Ferro)

Un piacevole saggio che aiuta a porsi le domande scomode, quelle alle quali non c'è risposta, e un buono stimolo ad approfondire i filosofi e il pensiero critico. Con ironia ma non senza profondità, Rick(ardo) ci accompagna in un percorso che aiuta a illuminare un po' l'infinito buio dei nostri "perché" e ci suggerisce qualche modo per districarci in una realtà/verità che non abbiamo la possibilità di sperimentare, offuscati come siamo da stimoli di ogni genere. Lo consiglio a chi ama la filosofia e a chi vuole avvicinarsi a questa materia, dalla quale nessuno può smarcarsi.

"Non pianifichiamo più per liberarci dagli impegni, ma per impegnare la nostra libertà. Non usiamo più l’agenda per rispettare i programmi e, così facendo, ritagliarci maggiori spazi per noi stessi. Usiamo l’agenda per riempire anche quegli spazi che potremmo impiegare a risolvere il nostro enigma esistenziale. E questo è un grosso problema."

"Siamo circondati da una quantità di informazioni assolutamente ingestibile: non solo fruiamo di una mole inesauribile di dati, racconti, storie, notizie e chiacchiere, ma siamo anche i diretti produttori di un’esagerata massa di parole, immagini, suoni e sentenze. Veniamo raggiunti da ogni dove e in ciascun istante da una marea di “roba” che ci colpisce, in gran parte rimbalza via e in parte penetra dentro di noi, al fine di essere rielaborata e poi “sputata” di nuovo nell’etere, in questo gioco universale nel quale ormai siamo più simili alle rotelle di un ingranaggio che a individui che vivono intenzionalmente."

"Riempiamo applicazioni di promemoria con le “to do list”, vera psicosi della nostra epoca, che vengono composte non perché abbiamo cose da fare, ma perché dobbiamo trovare cose da fare. Finiamo per scrivere nella “to do list” cose assurde come “recuperare i video persi”, oppure “leggere per due ore”, tutte cose che non sono impegni dovuti, ma attività trovate e addirittura forzate nella quotidianità. Ovviamente non sto suggerendo di non guardare video o di non leggere per due ore, ci mancherebbe, ma sto rilevando un fatto unico nel corso della storia umana: oggi, più che pianificare gli impegni in agenda per aiutarsi a portarli a termine, riempiamo l’agenda per avere più impegni di quanti ne possiamo gestire. Il successo delle app promemoria per cellulare è lì a dimostrarlo: ormai ci facciamo dettare i ritmi della vita da queste notifiche, le quali ci ricordano quando dobbiamo buttare la spazzatura, pulire il forno o guardare un film, fino a ricordarci quando è meglio andare in bagno."

"Seneca: Insegnami come affrontare questa situazione; fa sì che io non fugga la morte, che la vita non mi sfugga. Incoraggiami contro le difficoltà, contro i mali inevitabili; estendi il poco tempo che ho. Insegnami che il valore della vita non consiste nella sua lunghezza, ma nell’uso che se ne fa: può succedere, anzi succede molto spesso, che chi ha vissuto a lungo sia vissuto poco. Dimmi, quando sto per andare a dormire: può darsi che tu non ti svegli più; dimmi, quando mi sono svegliato: può darsi che tu non ti addormenti più; dimmi, quando esco: potresti non tornare più; dimmi, quando ritorno: potresti non uscire più."

"L’amore è quel luogo dell’anima in cui siamo sempre in contatto con la fine delle cose pur comportandoci come se durassero per sempre. Negli occhi dell’amato ritroviamo al tempo stesso il progetto che desideriamo dare alla nostra esistenza e la consapevolezza che tra non molto tempo non ci si potrà più guardare così negli occhi, perché le cose finiscono: le relazioni finiscono, il sentimento si esaurisce, e se anche tutto ciò avrà avuto un grande significato, prima o poi saremo morti. Ben lungi dal gettarsi nella disperazione e nel nichilismo, Seneca ricerca proprio quella consapevolezza crudele: quando esco, ricordami che potrei non tornare. Quando mi addormento, ricordami che potrei non risvegliarmi. E chi altri potrà ricordarmelo, se non la persona che amo di più al mondo? Non serve dirlo a voce alta: nell’amore questa cosa si sa alla perfezione, il timore di non ritrovare la propria amata una volta ritornati a casa o la paura di non poter tornare da lei, per qualsivoglia scherzo dell’ignoto, non deve impedirci di amare. Anzi, è proprio quel che ci insegna ad amare. Si dice abbia detto Seneca “filosofare significa imparare a morire”. Io credo che questo sia l’aspetto che unisce di più la filosofia e l’amore. Amare vuol dire ricordare ogni giorno a se stessi che tutto avrà fine; che non importa quali e quanti progetti avremo messo in atto, quali e quante promesse avremo pronunciato: prima o poi moriremo. Ma amare, così come progettare, slanciarsi in avanti e dare un significato a questi giorni, ci insegna a morire. “La felicità sta nel farsi cogliere dalla morte nel momento di maggior felicità” scrisse sempre Seneca,"


lunedì 4 novembre 2024

Who dream the world is nothing but a dream

Ho sempre amato i Cure e francamente non ci speravo più in un nuovo disco. E invece siamo qua, ad aspettare il primo di novembre per prendere in mano Songs Of  a Lost World. Sì, sono uno di quelli che vanno ancora al negozio di dischi a comprare i CD e i vinili, sono vecchio, fuori e dentro. Qualcosa si era già sentito dai concerti del 2023, molto era già in rete, ma quando esce il disco mi sembra tutto nuovo. E la cosa più bella è che in realtà non c'è niente di nuovo, ci sono i Cure, con la loro musica cupa, ritmata, con i loro testi malinconici, con quella voce che è un lamento. Sono passati un paio di giorni, l'ho già ascoltato quattro o cinque volte questo disco e posso dire che è bellissimo, è quello che mi aspettavo: un disco lento, un elogio alla "melanconia" e alla fine di ogni cosa. Ciò che di meglio i Cure hanno da offrire. Posso solo sperare che abbiamo ancora voglia di girare il mondo, per poter assistere a un concerto, occasione che mi sono fatto scappare lo scorso anno. Che altro dire...il mondo non è altro che un sogno.

sabato 26 ottobre 2024

Settologia VI-VII

Jon Fosse - Un nuovo nome

Concludo finalmente la lettura della settologia di Fosse, rammaricato del fatto che ho dovuto attendere diversi mesi la pubblicazione delle ultime due parti. Mi sono bastate poche pagine per immergermi di nuovo nel flusso di pensieri di Asle, il protagonista di questi bellissimi libri, e di nuovo rischiare di annegare. Ho finalmente ritrovato quella sensazione di stare li, sdraiati al buio, a rivivere e fantasticare sulla storia della nostra nostra vita, mescolando i ricordi con i desideri e modificando in qualche modo il passato. E' qui il fulcro di tutto, il fatto che noi viviamo solo di ricordi, di passato, e continuiamo a riviverlo e in questo modo lo modifichiamo. Come Asle, il pittore, che ha bisogno di dipingere le immagini che si sono fissate nella sua mente per liberarsene, per non esserne sopraffatto, così tutti noi abbiamo bisogno di rivangare il passato, di riviverlo e aggiornarlo, per liberarcene, per esorcizzarlo. I ricordi di modificano, si aggiornano, e in questo modo possiamo vivere più vite. Il passato può cambiare. Siamo in qualche modo sia vittime che autori della nostra storia. Attraverso un continuo flusso di pensieri e ricordi, riviviamo l'intera vita dell'anziano pittore Asle, più vite in realtà, vite alternative, che si compenetrano, fatte di desideri, passioni, speranze, delusioni, amori, sconfitte, fede, morte. La settologia di Fosse è la mia migliore lettura del 2024 e senza dubbio una delle cose più belle che io abbia mai letto.

"Tutto ciò che ora desidero è il silenzio, sì, che ci sia il silenzio più totale, che il silenzio si posi su di me come neve e mi copra, si, che un silenzio cada su tutto ciò che esiste, e anche su di me, sì, su di me, sì, che un silenzio nevichi su di me e mi copra, mi renda invisibile, renda tutto invisibile, faccia sparire tutto, penso, e tutti i pensieri svaniranno, tutte le immagini che si sono accumulate nella mia memoria e che mi tormentano scompariranno e io sarò vuoto, soltanto vuoto..."

"...la gente nasce, la gente muore, arrancano per pochi anni attraverso una vita, in un modo o nell'altro, poi muoiono, sono venuti dal nulla, sono semplicemente nati, e al nulla tornano, e altrettanto semplicemente scompaiono, e questi pochi anni sono quelli che sono chiamati vita, una vita, una vita umana."

venerdì 11 ottobre 2024

...solo, miserabile, indifferente.

Gli indifferenti - Alberto Moravia

Solo, miserabile, indifferente. Queste tre parole riassumono lo stato d'animo di Michele, il vero protagonista di questo romanzo. Gli indifferenti è sicuramente un romanzo "esistenzialista", parte di quella corrente di pensiero, di quel modo di scrivere , di quel modo di vedere la propria vita tipici di scrittori come Sartre, Dostoevskij, Kafka, Camus e altri. Michele assiste al declino economico e morale della sua famiglia, vittima di un esuberante sfruttatore dongiovanni. Nonostante tutto ciò che lo circonda, le umiliazioni subite dalla famiglia, l'amore non corrisposto di una donna, la spavalderia di Leo, ambiguo seduttore e ricco uomo d'affari, è incapace di coltivare la rabbia, il rancore, l'amore. Gli stati d'animo lo attraversano, passano così come la vita gli scorre davanti. Ciò che può fare è assistere a ciò che accade, senza appassionarsi a nulla, senza provare rancore, senza dare o ricevere piacere, indifferente per lo più al mondo. Gettato al mondo.

"Tutta questa gente’ pensò, ‘sa dove va e cosa vuole, ha uno scopo, e per questo s’affretta, si tormenta, è triste, allegra, vive, io… io invece nulla… nessuno scopo… se non cammino sto seduto: fa lo stesso"


venerdì 20 settembre 2024

La vita in città

La vita in città - Donald Barthelme

Sarà anche un manifesto della letteratura postmoderna, termine che racchiude tutto e niente, ma per me resta un esercizio di stile fine a se stesso. Non sono a digiuno di letteratura moderna o postmoderna americana, sono un fan di Wallace e DeLillo, ma questo proprio non l'ho digerito. Barthelme pratica la letteratura, è dissacrante, mescola stili narrativi e ne inventa di nuovi, con un linguaggio asciutto, ironico(?), a volte eccessivo a volte scarno, mai emozionante. Postmodernismo, metanarrativa, chiamatela come volete, ma a me questi racconti non hanno lasciato nulla. Li dimenticherò in pochi giorni. E il mio metro di misura per i libri, l'arte in genere, è valutare cosa ti resta, cosa è cambiato dopo la lettura. In questo caso non posso quindi dare un giudizio positivo. Non mi è piaciuto.


sabato 14 settembre 2024

Mercoledì delle ceneri

Mercoledì delle ceneri - Ethan Hawke

Che dire, oltre ad essere un famoso attore Hawke è un bravo scrittore. Avevo qualche reticenza a leggere questo libro, una cosa che mi succede sempre quando uno sportivo, un giornalista o, come in questo caso, un attore, si improvvisano scrittori. Invece sono rimasto piacevolmente colpito. La travagliata storia d'amore di James e Christy è un viaggio sulle montagne russe, adrenalinico e inevitabile. Come inevitabili sono i segni lasciati su questi ragazzi da famiglie assenti, dalla mancanza di affetto, dall'essere stati buttati nella vita senza salvagente, immersi nelle contraddizioni  e nella violenza dell'America di provincia. L'esatto opposto del sogno americano. Il libro scorre, buono il ritmo e dialoghi non banali. Ci si interroga sul senso di ciò che ci accade nella vita, sull'inevitabilità del destino, sulla religione e sulle credenze, sulla necessità di soddisfare il nostro volere, sull'egoismo che domina tutti e tutto. Non c'è salvezza, per nessuno.

 "Niente di quello che potrai mai fare avrà importanza. La tua vita, e quella della gente su questo pullman, non ha più importanza di quella degli alberi là fuori. I lombrichi sono importanti quanto te. Tutte le nostre vite sono destinate a passare. La vita di mio figlio inizierà e finirà, come quella di mia nonna. Un giorno questo pullman si troverà in cima a un cumulo di altri pullman, e nessuno saprà mai che sono stata seduta qui. Quando morirò, la mia storia si mischierà a una tale massa di altre storie che la mia voce verrà assorbita in quel coro senza che nessuno la senta mai. Tu non sei niente. Non c'è niente di importante."

"Non ci sono segreti, solo cose che la gente fa finta di non sapere."

"Forse tutti quanti vedono il mondo così: ogni cosa è vera, in ogni momento."


lunedì 2 settembre 2024

Tutto va e viene

Le altalene - Mauro Corona

A Mauro sono affezionato e leggo ogni sua nuova uscita. Gli ultimi suoi libri, e questo non si discosta, hanno le caratteristiche del "memoir". Corona sembra imprigionato nei ricordi, incapace di scrollarsi di dosso il peso delle angherie subite, di un'infanzia dolorosa, di una gioventù scombinata. Si rischia di cadere un po' nella noia, quando apri il libro sai consa aspettarti, e quello trovi. Il lato positivo è che è sempre un ritorno a casa e infondo è quello che vuoi quando compri un suo libro. Le altalene, il titolo del libro, rappresentano l'andare e venire di ogni cosa: delle persone, delle stagioni, dei ricordi, degli amori, degli amici. Tutto va e poi ritorna, in un modo o nell'altro, salvo l'ultima andata, quella da cui non c'è ritorno. Mauro riflette sugli amici che ha perso, sull'amore negato dei genitori, sulla perdita del fratello e sulle ferite di un popolo, quello Ertano, disgregato e martoriato dalla tragedia del Vajont. L'affronto subito e l'ingordigia che l'ha causato, sono indelebili. Rispetto agli altri suoi libri ho trovato una maggiore attenzione alla scrittura, un passo più maturo, anche se ho preferito i romanzi, dove anche le credenze popolari, le storie tramandate hanno un peso, il peso della fantasia.

"E' sufficiente immaginare per contentarsi. E' quando si vuol realizzare progetti a tutti i costi che l'animo s'incattivisce. Raggiungere quel che ognuno vorrebbe è impossibile. A volte anche velleitario, capriccioso, pieno di vanità e gola di successo, di essere noti, all'attenzione del mondo. Quasi sempre è così e quasi sempre non avviene."

lunedì 19 agosto 2024

Memorie del sottosuolo

Memorie del sottosuolo - Fedor Dostoevskij

Apri un libro di Dostoevskij et voilà, l'eccellenza è servita. Il libro si presenta come un monologo del protagonista, al resoconto con i suoi primi quarant'anni di vita. Le turbe esistenziali dell'io narrante (lo scrittore stesso), si concentrano sulla negazione della logica del due più due fa quattro. Più che una negazione, un rifiuto. Se l'uomo agisse per logiche predefinite, matematiche, se tutto fosse alla fine rappresentabile in uno schema naturale predefinito, che senso avrebbero le nostre vite? Se l'uomo dovesse agire nel rispetto di queste logiche dovrebbe compiere azioni che portano dei vantaggi per lui, per il genere umano. Perché allora a volte preferiamo il dolore alla gioia, perché cerchiamo vendetta e infliggiamo sofferenze a noi e agli altri? Cosa vuole l'uomo? E' giusto seguire il "volere" o la "ragione"? Perché parliamo di due cose in contrasto, non c'è dubbio. La soddisfazione del nostro volere, dei nostri desideri, non passa attraverso la ragione, ma attraverso il puro egoismo. L'esercizio della volontà (la perdizione, l'odio, la cattiveria, l'amore in qualche caso), che rende l'uomo quel becero essere che è, non è altro che la vita vissuta, la negazione degli schemi, il caos che ci governa.

"Signori, scusatemi se mi sono fatto prendere dalla filosofia: qui ci sono quarant'anni di sottosuolo! Permettetemi di fantasticare un poco, Vedete: la ragione, signori, è una bella cosa, è indiscutibile, ma la ragione non è che la ragione e non soddisfa che la capacità raziocinativa dell'uomo, mentre il volere è una manifestazione di tutta la vita, cioè di tutta la vita umana, con la ragione e con tutti i pruriti. E sebbene la nostra vita, in questa manifestazione, riesca sovente una porcheriola, pur tuttavia è la vita, e non è soltanto un'estrazione di radice quadrata."

domenica 4 agosto 2024

Il mondo dietro di te

Il mondo dietro di te - Rumaan Alam

Il mondo dietro di te è un libro originale, spiazzante, perché tutto sembra stia per succedere ma non succede. E' la storia di alcune persone che si trovano ad affrontare paure e pericoli che non conoscono perché non identificabili. E' la paura di perdere tutto. Le certezze crollano piano piano, la quotidianità è minata da eventi inspiegabili. Qualcosa di tremendo succede, rumori, animali che si compartano in modo strano, malattia, blackout delle comunicazioni. Non c'è modo di conoscere la causa di ciò che capita, né di conoscerne l'entità e le conseguenze. La cosa certa è che a un certo punto avviene un cambiamento e improvvisamente non ci sono più certezze, le persone hanno la sensazione di perdere il controllo delle loro vite (abbiamo mai avuto il controllo?), mentre si rendono conto che le loro ricchezze non possono salvarli. Per tutta la durata del libro attendiamo lo svelarsi di qualcosa, ma il mistero rimane, le paure anche, non c'è salvezza o lieto fine. Potrebbe essere accaduto qualcosa di grave, apocalittico, oppure nulla, solo paura. Il messaggio che rimane è che viviamo nell'illusione di poter controllare le nostre vite, che possiamo sentirci più sicuri comprando più cose, auto costose, case grandi, belle e robuste. Ma, come dice Alam in un passaggio del libro, la casa è solo il posto dove sei ora, niente di più. Ci diamo regole, cerchiamo rassicurazioni, ma la realtà è il caos.

"Ti dicevi di essere in sintonia con un olocausto che avveniva a un mondo di distanza, ma non lo eri. La lontananza lo rendeva immateriale. Le persone non erano così connesse tra loro. Cose terribili accadevano di continuo e non ti impedivano mai di uscire a prendere un gelato o di festeggiare i compleanni o di andare al cinema o pagare le tasse o di scoparti tua moglie o di preoccuparti del mutuo."

mercoledì 17 luglio 2024

Perturbamento

Perturbamento-Bernhard Thomas

Un medico è solito compiere lunghi viaggi in piccoli paesi e villaggi per visitare i suoi pazienti. Intraprende uno di questi viaggi col figlio, voce narrante del libro, nel tentativo di recuperare una situazione famigliare difficile. Il viaggio del medico col figlio, svela ciò che non vogliamo vedere: la malattia, la sofferenza, la vicinanza della morte. Sono le sensazioni e le paure che vogliamo accantonare, che stanno nascoste dietro l'angolo, in attesa che svoltiamo. Si prova una sensazione di schiacciamento, di ineluttabilità delle cose, una specie di presa di coscienza del dolore, come se il mondo, nonostante la sua apparenza, sia un luogo marcio, pieno di sofferenza. Un po' come le inquadrature di Lynch, che ci mostra un bel prato verde, fiorito, ma quando stringe l'inquadratura e la telecamera scende fin sotto il manto erboso, vediamo un pezzo di corpo umano, in putrefazione. Sotto il velo dell'apparenza ci sono il dolore, la violenza, la malattia, il putridume, la fine. L'uomo fugge da queste esperienze, ma ne è in qualche modo attratto, quasi che il contatto con la sofferenza ci regali la capacità di vivere emozioni più vere, ci faccia assaporare la vita con maggiore intensità. La visita al castello del principe sarà l'apice del "perturbamento". Egli cerca di domare il caos che regna nel suo cervello, senza successo. Cerca un significato alle cose che accadono, all'accadere della vita stessa. Disserta su natura e letteratura, arte e filosofia, di fatto incapace di sfuggire al suo immenso castello, fatto di mura reali ma anche psicologiche. Il pensare a fondo alla triste e inaccettabile condizione umana lo rende pazzo. Bernhard ci ammonisce: pensare a fondo, intensamente, cercare risposte, non può che condurci alla pazzia.
Così come accade nella vita del medico, anche nel lungo monologo del principe, si percepisce la centralità del rapporto padre-figlio e l'angoscia di fronte alla scoperta che i figli non sono un proseguimento dei padri: sono persone diverse, che abitano una realtà diversa, disconnessi dalla nostra visione del mondo e disposti a distruggere tutto ciò che i padri hanno creato nella loro illusione di poter tramandare la loro esperienza su questa terra. Tutto è destinato alla fine: la tenuta e il castello, dal passato glorioso, saranno smembrati, venduti e abbandonati. Non c'è futuro per nulla, né per le cose, né per gli uomini. E pare che la morte sia l'unica condizione capace di rendere le persone capite e amate.
Un libro molto bello, con una scrittura ipnotica, che meriterebbe una rilettura. 

"Quello che c'è di essenziale in una persona viene alla luce soltanto quando dobbiamo considerarla perduta per noi, nel momento in cui, ormai, questa persona può soltanto dirci addio. Ad un tratto, in tutto ciò che che in esse è ormai soltanto preparazione alla morte definitiva, questa persona può essere riconosciuta nella sua verità."

"È la povertà che fa gli uomini uguali, tutto, anche la più grande ricchezza diventa povertà in mano agli uomini. Negli uomini la povertà nel corpo come quella nello spirito è sempre, al tempo stesso, una povertà corporea e spirituale, il che, necessariamente, li rende ammalati e pazzi."

"In effetti il mondo è un palcoscenico sperimentale si cui si prova in continuazione. Dovunque guardiamo, vi è un continuo imparare a parlare, a camminare, a pensare, a recitare a memoria, a ingannare, a morire, a essere morti, tutto il nostro tempo se ne va in questo."

"...la vita è una scuola, nella quale si insegna la morte."

"Ci possiamo divertire come ci pare, ma quello che ci interessa è sempre e soltanto la morte."




lunedì 1 luglio 2024

Dancing after hours

Ballando a notte fonda - Andre Dubus

Il mio primo contatto con Dubus è questa raccolta di racconti. Storie di persone alla ricerca di riscatto dall'amore perduto. Oppure alla ricerca di vendetta, di consolazione, di qualcosa in grado di colmare il vuoto lasciato da una storia che finisce. Storie ambientate nella provincia americana, ordinarie disperazioni che si consumano tra le pieghe della quotidianità. Uomini condannati a soccombere ai propri istinti, donne alle prese con ruoli imposti e voglia di riscatto. Tutti in cerca dell'amore, del matrimonio perfetto, salvo poi accorgersi che non è quello che vogliono. Quello che cerchiamo è ciò che non possediamo, in un continuo stimolo verso la ricerca di qualcosa di diverso, qualcosa che distolga i nostri pensieri dal monotono tamburellare della quotidianità. Racconti ben scritti, a volte brevissimi, molto intimi, coinvolgenti. Edizione Mattioli 1885 molto bella, anche al tatto e alla vista.

venerdì 28 giugno 2024

Lacrime e santi

Lacrime e santi - E.M. Cioran

Il nichilismo di Cioran fa tappa nella cerchia dei santi. Dissertazioni su dio e presunte santità. Solo chi soffre e versa lacrime è in odore di santità. Dio è nulla, eppure necessario. Cioran è il re della negazione di ogni concetto. Chiedetegli se dio esiste e vi dirà di no, ditegli che non esiste e vi dirà che vi sbagliate. C'è del vero in ogni cosa e nel contrario di ogni cosa.
Frasi veloci e taglienti. Chi ha già letto Cioran sa: lapidario.

"Non la conoscenza ci avvicina ai santi, bensì il destarsi delle lacrime che dormono nel più profondo di noi. Soltanto allora, grazie alle lacrime, approdiamo alla conoscenza e comprendiamo come si possa diventare santo dopo essere stato uomo."

"I vagabondi, che si rifiutano di morire nel loro letto, si potrebbe dire che non muoiano affatto. Si muore soltanto distesi, in quella lunga preparazione con la quale chi vive sconta, goccia a goccia, la propria morte. Quando non c’è niente che ci leghi a un posto, che rimpianti si possono avere negli ultimi istanti? I vagabondi avrebbero dunque scelto la propria sorte per evitare nell’agonia la tortura dei rimpianti? Raminghi in vita, restano dei vagabondi in morte."

"Il mondo moderno ha ceduto alla seduzione delle cose finite."

"Signore, sei tu nient’altro che un errore del cuore, come il mondo è un errore della mente?"

"Si crede in Dio soltanto per evitare il monologo tormentoso della solitudine. A chi altri rivolgersi? Si direbbe che Egli accetti volentieri il dialogo e non ci serbi rancore per averlo scelto come pretesto teatrale dei nostri scoramenti."

"Più la memoria è fresca e in buona salute, meglio aderisce alle apparenze, all’immediato. La sua archeologia ci svela documenti su un altro mondo a discapito di questo."

"Tra il niente e Dio c’è meno di un passo, perché Dio è l’espressione positiva del niente."

"L’idea di Dio è la più pratica e la più pericolosa che mai sia stata concepita. Grazie ad essa l’umanità si salva o si perde."

"Vi siete mai guardati allo specchio quando tra voi e la morte non si frappone più niente? Avete interrogato i vostri occhi? Avete capito, in quel momento, che non potevate morire? Le pupille dilatate dal terrore vinto sono più impassibili delle piramidi. Una certezza nasce dalla loro immobilità, una certezza strana e tonificante nel suo lapidario mistero : tu non puoi morire. È il silenzio degli occhi, è il nostro sguardo che incontra se stesso, calma egizia del sogno davanti al terrore della morte. Quando questo terrore vi coglie, guardatevi nello specchio, interrogate i vostri occhi, e capirete perché non potete morire, perché non morirete mai. I nostri occhi sanno tutto. Imbevuti del nulla ci assicurano che niente ci può più accadere."

"Che cosa è Dio, se non un momento sul limitare della nostra distruzione? E che cosa importa se esiste o no, se per suo mezzo la nostra lucidità e la nostra follia si bilanciano e noi ci plachiamo avvinghiandoci a lui con passione assassina?"

"Quando siamo per strada, il mondo sembra più o meno esistere. Ma se guardiamo dalla finestra, tutto diventa irreale. Com’è possibile che la trasparenza di un vetro basti a separarci fino a questo punto dalla vita? In realtà, una finestra ci allontana dal mondo più del muro di una prigione. A forza di guardare la vita, si finisce per dimenticarla."

"Qualunque sia il livello della vostra cultura, se non riflettete intensamente alla morte siete un individuo dappoco. Un grande scienziato - che non sia nient’altro - è di molto inferiore a un ignorante che sia assillato dalle questioni supreme."

"L’imbarazzo che proviamo davanti agli infelici è l’espressione della nostra certezza che la sofferenza costituisce il segno distintivo di un essere, la sua originalità. Non si diventa, infatti, uomo grazie alla scienza, all’arte o alla religione, ma grazie al rifiuto lucido della felicità, alla nostra fondamentale incapacità di essere felici."


sabato 1 giugno 2024

Il nostro grande niente

Il nostro grande niente - Emanuele Aldrovandi

Ho acquistato questo libro a un festival letterario, dopo aver ascoltato la presentazione di Aldrovandi. Una bella intervista, nella quale il drammaturgo e scrittore, molto bravo con le parole, è riuscito a farmi venire una gran voglia di leggere il suo libro. Si parla di morte, argomento principe, nonché motore della nostra esistenza... potevo non leggerlo? 
Non si può dire molto sulla trama e la costruzione del libro, per non rovinare le sorprese a chi non lo ha letto. Posso dire quello che mi è rimasto dopo la lettura di questo romanzo: un senso di impotenza di fronte alla perdita dei ricordi e della vita. Mi resta (vedi D.F.Wallace) la certezza che presto moriremo, e morirà tutto quello che aveva a che fare con noi, moriranno le persone che conoscevamo, si sfalderanno gli oggetti che abbiamo toccato, diverrà polvere la nostra lapide, moriranno tutti quelli che in qualche modo si ricordavano di noi dopo la nostra morte, poi moriranno i loro figli, i nostri, e i figli dei nostri figli. E di noi non resterà nulla, sarà come se non fossimo mai esistiti. Le persone si dimenticano, gli amori si dimenticano. Tutto questo è di una tristezza infinita, eppure lo trovo in qualche modo consolatorio. Si va avanti finché si può, cercando qualche appiglio, cercando di capire. Poi il nulla.

"Non è durato il tempio di Zeus e non dureranno neppure le piramidi, il Colosseo, la Tour Eiffel, il ponte di Brooklyn. Faranno la stessa fine le tragedie greche, i quadri di Picasso, le canzoni di Bob Dylan, i romanzi di Dostoevskij e i film di Kubrick. Ma non solo, anche i canestri di Michael Jordan, i dribbling di Maradona, i racconti bellici di Giulio Cesare, i discorsi di Martin Luther King, le proteste pacifiche di Gandhi, la scoperta della penicillina, la filosofia, la scienza, la pornografia, il primo fuoco, la prima ruota, il primo treno, il primo viaggio sulla Luna, tutte le imprese che l’umanità ha fatto e tutte quelle che potrà fare, sia le piú grandi che le piú piccole. Prima o poi ognuna di queste cose sparirà. Sciolta dal tempo. Senza lasciare traccia. Anche l’amore fra Dante e Beatrice. Anche il nostro, indipendentemente da qualsiasi cosa io possa scrivere."

"...viviamo in una società profondamente ingiusta in cui certe persone, come noi, hanno avuto il culo di essere al riparo da minacce impellenti tipo la malaria o le missioni di pace americane. Questo ci dà il tempo di pensare alla nostra vita e di darle un grande valore, per cui è normale che poi l’idea di perderla ci sembri la fine del mondo. Ma nonostante questo, succede lo stesso. C’è poco da fare."

"Nel mio cervello non ci sono frasi di senso compiuto tipo: «Sono contento», «Non sono contento», «Sto bene», «Sto male», «Sono sincero», «Sto facendo finta», ma solo sinapsi che si uniscono e ghiandole che rilasciano sostanze. L’unico modo per sapere veramente cosa succedeva sarebbe stato aprirmi la testa in due e poi avere strumenti abbastanza precisi da poter dissezionare ogni piccolo movimento. Però anche a quel punto, per parlarti di ciò che avevo dissezionato, avrei dovuto usare delle parole che comunque sarebbero state metaforiche, incomplete, arbitrarie e allusive."

"Ci raccontiamo tante cose, ma in fin dei conti non siamo altro che post-scimmie. Mangiamo, godiamo e ci battiamo i pugni sul petto. Tutto il resto è maquillage sociale."

"Le nostre tappe evolutive si sono fondate su questo, sul rifiuto del nostro destino naturale, cioè la morte. [...] Lottare contro la natura è una caratteristica «naturale» della nostra specie. Forse la principale."



domenica 19 maggio 2024

Pauli e Jung

Ogni cosa è collegata - Gabriella Greison

Un libro davvero interessante, una storia che non conoscevo. Non è un libro per addetti ai lavori, può essere letto da chiunque, e indaga il lato personale dei protagonisti. E i protagonisti solo due tra i più famosi scienziati e studiosi del secolo scorso: il fisico Pauli, uno dei padri della fisica quantistica, e Jung, celeberrimo psichiatra e psicoterapeuta. I due sono stati in contatto per anni e mentre Jung psicanalizzava Pauli, lui cercava di spiegargli le sue scoperte nell'ambito della fisica teorica. Nella lettura un po' di impegno è richiesto, si parla pur sempre di fisica e capire, anche se in modo superficiale, i concetti che sono esposti aiuta a godere a pieno il libro, però, come dicevo, la Greison si è concentrata sui personaggi, il loro genio e le loro stranezze. Tutto ciò genera ammirazione ma al contempo ci fa capire che questi uomini sono come tutti noi, con le loro domande e le loro debolezze. Più di ogni altra cosa di questo libro mi resta la sensazione di unione e comunione tra le varie discipline della scienza e della psicologia. In fondo tutti si chiedono le stesse cose, tutti cercano di dare un senso alla vita e alla nostra esperienza del mondo, della realtà. C'è chi cerca una spiegazione nella mente umana e nelle sue potenzialità, nei sogni e nei significati che volgiamo attribuirvi, e c'è chi la cerca nella materia e nel mondo dell'infinitamente piccolo, nei mattoncini che compongono ogni cosa e nelle leggi che governano il comportamento di questi mattoncini. La fisica quantistica ha un fascino incredibile e le sue leggi, in gran parte dimostrate, generano paradossi di difficile comprensione per noi comuni mortali. Leggere queste cose ci lascia una sensazione di indeterminatezza e di impossibilità di fissare una logica uguale per tutto e per tutti. Il mondo può essere ogni cosa fino a che non lo osserviamo. E osservandolo alteriamo il suo stato, trasformiamo onde in particelle, decidiamo se una cosa è bianca o nera, se è viva o morta... 
La Greison è brava, il libro non stanca, si legge con piacere e ci regala tanti spunti per pensare a cose importanti, alle sole cose importanti. La fisica teorica è la filosofia del nostro tempo. Buttatevi in questi libri, ne vale la pena. Due cose tatuate addosso dopo la lettura: 137 e luce.

"Se non mi osserva nessuno, devo osservarmi da solo, altrimenti sono solo una tavolozza di esistenze… Insomma qualcuno deve continuamente osservare o pensare al mondo che ci circonda, o ascoltare qualcuno che pensa e osserva il mondo che ci circonda. Ci deve sempre essere una sentinella: per questo non dormo, e parlo con tutti nei pub, con gli avventori, con i barman, con le prostitute, così io non scompaio, neanche la notte." (Pauli)

"Ma io voglio essere tutt’e due le cose: vivo e morto allo stesso tempo. È qui che voglio vivere io, sul crinale. Lungo la linea sottile che divide la fisica classica dalla fisica quantistica. È solo su questo crinale che posso essere libero, e potrò capire il vero senso della vita." (Pauli)

"La realtà non è indipendente dall'osservazione. L'osservatore non è un elemento distaccato del sistema. La fisica quantistica ci insegna altro. Ci dice che non si può pensare che il mondo intorno a noi esista a prescindere da noi: l'osservatore cosciente, o una psiche che lo osserva, cambia la realtà. Quindi il concetto di mondo come oggettivamente esistente è incorretto. Ma io posso diventare l'oggetto osservato. E allora cambia tutto."

"La cosa terribile non è la morte, ma lo spreco di tempo senza pensare che la gente comune decide di trascorrere fino alla morte."



venerdì 26 aprile 2024

Camminare

Camminare - Thomas Bernhard

Si dice che camminare e pensare siano azioni collegate. Questo libro porta questo concetto al limite. Per me è il primo approccio con Bernhard. Mi avevano detto che era uno scrittore particolare, cerebrale, e sapevo di similitudini con Ion Fosse, che ho letto di recente. Tutto vero. Leggere Bernhard è come tuffarsi in un torrente senza salvagente. La corrente ti trascina ed è necessario tenersi a galla. Il libro è uno scambio di opinioni, in realtà unilaterale, tra due "camminatori", un unico racconto senza sosta, dall'inizio alla fine. Niente pause, niente capitoli, solo corrente, corrente di pensiero. E quando si pensa a fondo, ci dice Bernhard, bisogna fermarsi in tempo, non sperare in limite, peraltro invisibile, pena la pazzia.

"La natura non ha bisogno del pensiero, dice Oehler, è solo la presunzione umana a voler proiettare ininterrottamente nella natura il proprio pensiero."

"Quando abbiamo a che fare con le persone, abbiamo a che fare solo con cosiddette persone, come quando abbiamo a che fare con fatti, abbiamo a che fare solo con cosiddetti fatti, così come anche l'intera materia, poiché da altro non deriva se non dalla mente umana, è solo una cosiddetta materia, poiché, come sappiamo, tutto deriva dalla mente umana e da nient'altro, se comprendiamo il concetto di sapere e lo accettiamo come concetto da noi compreso. A questo pensiamo di continuo e se questo fondamento e su nient'altro ininterrottamente fondiamo tutto."

"Nulla è più istruttivo di vedere camminare uno che pensa, così come nulla è più istruttivo di veder pensare uno che cammina, per cui possiamo dire senz'altro che vediamo come pensa colui che cammina, così come possiamo dire che vediamo come cammina colui che pensa, perché vediamo camminare colui che pensa e viceversa vediamo pensare colui che cammina e cosi via. Camminare e pensare sono in rapporto costante di reciproca intimità. La scienza del camminare e la scienza del pensare sono in fondo un'unica scienza."

"Quando ci osserviamo, in fondo non osserviamo mai noi stessi, bensì sempre un altro "

"Noi stessi non ci vediamo, non ci è mai data la possibilità di vedere noi stessi. Ma non possiamo neppure spiegare a un altro come è lui, perché possiamo spiegargli soltanto come noi lo vediamo, il che probabilmente corrisponde a quello che è, ma che noi non possiamo spiegare dicendo: lui è così."

"Le circostanze sono tutto, noi non siamo nulla."



domenica 21 aprile 2024

Gli Iperborei

Gli Iperborei - Pietro Castellitto

Le disavventure di un gruppo di giovani ricchi, figli di imprenditori e politici della Roma bene, tra viaggi, feste e abusi. Tanti soldi in tasca e una vita leggera, quasi a sorvolare il mondo e le sue costrizioni, questi ragazzi sono votati più all'ostentazione del lusso che non a un fine. Tra auto sportive, barche, coca e calici di champagne si consumano le esistenze di questi giovani adulti, che con il loro cinico distacco riescono a vedere tutto con il potere che solo la noia può donare. All'inizio del romanzo Castellitto ci chiarisce chi erano gli Iperborei, con una citazione di Plinio il Vecchio:
"Qui trascorrono lunga vita quelli che furono chiamati Iperborei, popolo felice, celebrato per favolosi miracoli. Essi hanno per casa boschi e foreste, la discordia e ogni malattia sono loro sconosciute. Stanchi della vita, gli Iperborei si uccidono gettandosi in mare da una rupe: lietissimo è questo genere di sepoltura."
E' chiaro il riferimento ai personaggi del libro, pervasi dalla noia, annebbiati dal potere e stanchi della vita. Alla fine solo la morte e il lutto che ne deriva sembrano dare un senso alla loro esistenza.

domenica 7 aprile 2024

Settologia III-V

Io è un altro - Ion Fosse

Continua il viaggio nei pensieri che affollano la mente di Asle, il pittore. Asle incontra se stesso e incontra persone che hanno lo stesso nome, persone che si somigliano eppure sono diverse, in un continuo alternarsi di "ego" e "alter ego". Tutta la vita è memoria e forse siamo noi a decidere cosa ricordare, a costruire la nostra presenza attuale. Siamo in continuo mutamento, un esercito di "me stesso". Vale naturalmente quello che ho già scritto nel commento delle prime due parti della Settologia di Fosse, che si può leggere qui: https://brambo70.blogspot.com/2024/02/settologia-i-ii.html.

"Lungo è il tempo necessario, ma alla fine il vero emergerà."

"...quando parliamo, dobbiamo ricorrere alle parole, per quanto esse siano in grado di esprimere così poco, quasi niente, e in un certo senso tanto più dicono tanto meno lo fanno."



mercoledì 6 marzo 2024

Una squadra

Una squadra - Domenico Procacci

Un libro nostalgico, sul tennis che fu e sullo spirito di squadra. Lo spirito di squadra non è una cosa scontata per uno sport individuale e solitario come il tennis. Se avete un po' di anni è un libro per ricordare i tempi in cui il tennis era sì preparazione atletica e agonismo, ma era anche avventura e goliardia. Come in tutti gli sport con attrezzo, i mezzi erano più limitati e il fattore “umano” era una variabile pesante, anche se, a onore del vero, il tennis mantiene anche oggi questa caratteristica. Per i più giovani è un libro che da modo di scoprire come veniva vissuto il tennis in quegli anni, gli anni in cui l'Italia vinceva la prima coppa Davis.

venerdì 1 marzo 2024

Al culmine della disperazione - E.M. Cioran

Scrive Cioran a proposito dell'insonnia: (...)durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un’interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine. Ecco in quale condizione di spirito ho concepito questo libro, che è stato per me una specie di liberazione, di esplosione salutare. Se non lo avessi scritto, certamente avrei messo fine alle mie notti.

E' toccante pensare che un ragazzo di poco più di vent'anni possa scrivere un testo come questo. Non è difficile credere che la capacità di mettere sulla carta i suoi pensieri abbia salvato la vita a Cioran. Qui si arriva al fondo, ci si rende conto dell'inutilità di ogni cosa e si comprende che il detto "una volta toccato il fondo puoi solo risalire" è solo un detto. La realtà è che si può toccare il fondo, il "culmine della disperazione", e lì rimanere, per sempre. Non è una letture semplice, né veloce, nonostante la brevità. I pensieri di Cioran vi negheranno ogni speranza, ma è bello affondare insieme a lui, consapevoli che quella tristezza e quel senso di impotenza appartengono anche a noi tutti.

"Ignoro totalmente perché bisogna fare qualcosa su questa terra, perché bisogna avere amici e aspirazioni, speranze e sogni. Non sarebbe mille volte preferibile ritirarsi in disparte dal mondo, dove non giungesse neppure l’eco del suo frastuono e delle sue complicazioni? Rinunceremmo così alla cultura e alle ambizioni, perderemmo tutto senza ottenere niente. Ma che cosa si può ottenere in questo mondo?"

"Ciascuno resta con la sua sofferenza, che ritiene assoluta e sconfinata. Se anche pensassimo a quanto il mondo ha sofferto finora, alle agonie più terribili e alle torture più raffinate, alle morti più cruente e agli abbandoni più dolorosi, a tutti gli appestati, agli arsi vivi o alle vittime della fame, la nostra sofferenza ne risulterebbe alleviata? Nessuno potrebbe trovare consolazione, durante l’agonia, nel pensiero che tutti sono mortali; così come, soffrendo, non si potrebbe trovare conforto nella sofferenza - passata o presente - degli altri."

"Sono certo di non essere assolutamente nulla nell’universo, ma sento che la mia esistenza è la sola reale. E se fossi costretto a scegliere tra l’esistenza del mondo e la mia, eliminerei la prima, con tutte le sue luci e le sue leggi, per volarmene tutto solo nel nulla. Benché la vita per me sia un supplizio, non posso rinunciarvi, perché non credo nell’assoluto di valori in nome dei quali sacrificarmi. A essere sincero, dovrei dire che non so perché vivo, né perché non cesso di vivere. Con tutta probabilità, la chiave risiede nell’irrazionalità della vita, la quale fa sì che questa si mantenga senza ragione."

"Il lavoro, che dovrebbe essere nel suo senso più alto un processo di continua trasfigurazione, è diventato un mezzo di esteriorizzazione, che allontana l’uomo dal centro del suo essere. Non per niente il lavoro è giunto a designare un’attività esclusivamente esteriore. Così l’uomo non si realizza, ma realizza. Il fatto che ognuno debba avere un’occupazione e fare suo uno stile di vita che quasi mai gli si attaglia è l’espressione di questa tendenza ad abbrutirsi con il lavoro. Lavorare per vivere, ecco una fatalità che per l’uomo è più dolorosa che per l’animale. Perché se per quest’ultimo l’attività è così connaturata da non risultare separata dalla sua esistenza, l’uomo vede invece l’insieme delle forme di lavoro come un pesante aggravio. La frenesia del lavoro testimonia in lui un’inclinazione verso il male, nel caso in cui questo sia inevitabile. E nel lavoro l’uomo dimentica se stesso."

"La tragedia dell’uomo, animale separato dalla vita, sta nel fatto che non può più rimanere soddisfatto dei dati e dei valori di questa. Ogni essere può vivere perché per lui l'esistenza di cui fa parte ha un carattere assoluto. Ma per l’uomo la vita non è un assoluto. Per l’animale essa è tutto; per l’uomo è un punto interrogativo. Punto interrogativo definitivo, giacché egli non ha mai ricevuto né riceverà mai risposta alle sue domande. Non solo la vita non ha alcun senso, ma non può averne uno."

"Tutto è possibile e niente lo è; tutto è permesso e niente. Qualsiasi direzione s’imbocchi non sarà migliore di un’altra. Realizzare qualcosa o niente, credere o no, è lo stesso, come lo è tacere o gridare. Si può trovare una giustificazione a ogni cosa, come si può non trovarne alcuna. Tutto è nello stesso tempo irreale e reale, naturale e assurdo, straordinario e piatto. Nessuna cosa può essere anteposta a un’altra, come nessuna idea è migliore di un’altra. Perché rattristarsi della propria tristezza, e gioire della propria gioia? Che importa se le nostre lacrime sono di piacere o di dolore? Ama la tua infelicità e detesta la tua felicità, mescola tutto, confondi tutto. Rinuncia alle distinzioni, alle differenziazioni e ai piani. Sii come una piuma sospinta dal vento o un fiore portato dalle onde. Resisti quando non serve e sii vile quando bisogna resistere. Chissà se in questo modo non ci guadagni? E se così non fosse, che importa se ci perdi? C’è forse qualcosa da guadagnare o da perdere in questo mondo? Ogni guadagno è una perdita, come ogni perdita è un guadagno. C’è forse una ragione per aspettare un determinato atteggiamento, idee precise e parole appropriate? Sento che dovrei sputare fuoco a mo’ di risposta a tutte le domande che mi sono state o non mi sono state mai poste."

lunedì 26 febbraio 2024

Jump!

1984-2024

Voglio celebrare con un ricordo il quarantesimo anniversario di un disco per me importante. Importante perché quarant'anni fa entravo per la prima volta in un negozio di dischi, avevo tredici anni, presto quattordici, e compravo il mio primo disco anzi, la mia prima musicassetta. Ho consumato quella cassetta con un vecchio mangianastri (all'epoca non avevo nemmeno un walkman) e ancora la ricordo a memoria. Quest'anno, per celebrare questo ricordo, mi accingo ad acquistare una ristampa in vinile di questo disco. Non vedo l'ora di farlo girare e cadere nei meravigliosi ricordi degli anni '80, quando iniziai ad ascoltare la musica. 

domenica 11 febbraio 2024

Settologia I-II

L'altro nome - Ion Fosse

Le vite di Asle e Asle si avvicinano, si toccano, si allontanano, si avvicinano di nuovo, poi si intersecano, come si intersecano le due linee di colore indefinito che Asle ha dipinto nel suo nuovo quadro. Più ci si inoltra nella narrazione e più ci si rende conto che tutto converge "dentro" Asle, in un misto di presente, passato e speranza. Un Asle in formato "multiverso". Mi è tornata alla mente questa parola, che ho letto in qualche saggio sulla meccanica quantistica, e trovo che si adatti perfettamente a quello che si prova navigando questo romanzo. Il fisico Everett, aveva per primo ipotizzato la possibilità che l'osservazione di un evento e la sua misurazione, potessero dare origine a una quantità di universi alternativi o paralleli. Non serve addentrarsi oltre; quello che ci interessa è la teoria secondo la quale si possano vivere vite alternative, vite che, come linee su un foglio, possono avvicinarsi, magari intersecarsi, oppure non toccarsi mai. Leggendo questo libro mi sono ritrovato a pensare che tutte queste vite diverse possono convivere nella nostra mente. Come se ci fosse un "chi siamo", un "chi vorremmo essere" e un "chi potremmo essere". E ancora un "chi eravamo" e un "chi saremo". E nella nostra mente (o nella mente di Asle), tutte queste vite si sovrappongono, convergono, si toccano. La nostra esperienza del mondo è la somma di tutto questo e la parola "realtà" al singolare, perde ogni senso.
Tutto ciò che vediamo è una nostra visione, tutto è di fatto "noi".
Protagoniste del libro sono l'arte (la pittura in questo caso),la fede e il passato.
La pittura è il processo creativo che permette al pittore di trasporre sulla tela la sua visione. Bellissime le descrizioni all'inizio del libro, quando Asle spiega (più a se stesso che a noi) il meccanismo che lo porta a vedere certe immagini in movimento come se fossero ferme, una fotografia che gli si stampa nella mente. E su quella fotografia mentale si sviluppa la fantasia del pittore che ridarà movimento a un'immagine ferma, e ne sarà perseguitato fino a che non se ne potrà liberare trasferendola su una tela bianca.
La percezione del tempo gioca un ruolo fondamentale nel libro di Fosse. Ci sono vari flashback sul passato di Asle, ricordi che costruiscono il suo essere e ne mettono in discussione l'identità. Questo è un punto fondamentale; noi siamo abituati a codificare il tempo con passato, presente e futuro, ma esiste un solo tempo: il passato. Siamo semplicemente costituiti e definiti dai nostri ricordi, non c'è altro.

La prosa di Fosse, come avevo già sperimentato in Melancholia e probabilmente qui ancora di più, è un viaggio senza sosta, un dialogo interiore continuo, un flusso di pensiero, o di memoria, che non accetta interruzioni. Niente pause, poca punteggiatura, insomma un testo che richiede un certo impegno di lettura. Rende al meglio se ci concediamo tempi di lettura un po' lunghi, perché non ci sono capitoli o cambi di argomento e tutto questo frullare di pensieri è come un'onda e, se gli dai il tempo di trascinarti con se e ti lasci trasportare, tutto suona meglio.
Introspezione, sogno, arte.
E' bello lasciarsi leggere da questo libro, proprio bello.

"...in quel momento si sente colmare da una sorta di felicità e pensa che forse da qualche parte esiste un nulla vuoto, una luce vuota e se tutto potesse essere davvero così? immagina, essere una luce vuota? pensa, come sarebbe se esistesse un posto così? nel suo vuoto, nel suo vuoto luminoso? nel suo nulla?"

" ...perché non ero in grado di condividere il suo dolore con lui? condividere la sua sofferenza, ma cosa intendo dire quando ho di questi pensieri? tutto sommato si tratta solo di modi di dire, condividere il dolore, condividere la sofferenza, sono modi di dire, come se fosse facile condividere il dolore, condividere la sofferenza..."

"Rimango semplicemente seduto a guardare in questo nulla vuoto e in un certo senso sono il nulla vuoto che sto fissando."

martedì 23 gennaio 2024

L'educazione delle farfalle

L'educazione delle farfalle - Donato Carrisi

Non potevo non leggere l'ultimo parto della mente di Carrisi, dato che nel suo filone lo ritengo un asso. La più grande dote di Carrisi-scrittore è quella di saper tenere sempre alta la suspense, infliggere il dubbio, con quella sua scrittura semplice e tagliente al punto giusto. La storia monta piano piano, le carte si girano una alla volta, salvo poi essere sparpagliate dal vento, raccolte da terra e rimesse sul tavolo in un modo diverso, con altra logica, con nuovo senso. Quello di scompigliare tutto è un altro dei tratti tipici di Carrisi. Forse ne abusa un po', rendendo qualche volta le situazioni poco verosimili, drogando un po' la narrazione con eventi poco probabili. Ma poi, ci viene da dire, chissenefrega... perché la vita è anche così, a volte piatta e insignificante, a volte piena di sorprese e di coincidenze. La scrittura è molto "scenografica", capace di evocare immagini. Chissà se anche questo libro ispirerà un film, di sicuro molte scene le vivrete in anteprima leggendo il libro. Vorrei aggiungere qualcosa sulla trama e soprattutto sul finale, che dividerà molto i lettori e che evoca un seguito, ma è davvero impossibile non spoilerare il contenuto, quindi non dirò niente. Vale la pena leggerlo senza sapere nulla. Non il migliore Carrisi che ho letto, ma sempre piacevole.

"Solo le madri riuscivano a pensare a un figlio come a un peso e anche come a una benedizione. Solo le madri riuscivano a voler bene e insieme a detestare il frutto del proprio ventre. Solo una madre poteva comprendere come fosse possibile un simile compromesso fra odio e amore. E solo una madre, dopo aver perso un figlio, poteva salvare la propria coscienza da una simile contraddizione."

"Noi pensiamo di rammentare il passato, ma il più delle volte non è così: se avessimo una macchina del tempo e potessimo guardare indietro, ci renderemmo conto che quelli che chiamiamo ricordi corrispondono solo in parte a ciò che è realmente accaduto."


domenica 14 gennaio 2024

Doppio sogno

Doppio sogno - Arthur Schnitzler

Arthur Schnitzler è stato scrittore e medico, contemporaneo di Freud. Si dice che quest'ultimo fu attratto da Schnitzier perchè era in grado di mettere sulla carta le ossessioni e le teorie del padre della psicanalisi. Non sapevo che il romando breve "Doppio sogno" avesse ispirato Stanley Kubrick per il suo film "Eyes wide shut", ma lo si intuisce subito dalle prime pagine. Il libro mette in scena la crisi di una coppia, il desiderio, il tradimento, ma più di ogni altra cosa mette in dubbio la consistenza della realtà. Due coniugi si raccontano strane, erotiche esperienze vissute nei sogni e nella realtà. Le confessioni scambiate mettono in crisi il loro matrimonio, come se il sogno invadesse la realtà, come se un tradimento consumato nel mondo dei sogni fosse un tradimento reale. Ma i sogni sono meno reali di quella che definiamo realtà? Sogniamo o siamo sognati? 

"Nessun sogno è soltanto un sogno."

venerdì 5 gennaio 2024

Melancholia

Melancholia I-II - Ion Fosse

Dopo l'assegnazione del Nobel per la letteratura, ero curioso di leggere qualcosa di Fosse. C'è poco di tradotto in italiano ma ora si inizia a pubblicare qualcosa. Scelgo Melancholia e mi immergo. Ed è un'immersione vera, ve lo giuro. Fosse è un fiume in piena, un continuo flusso di pensiero, inarrestabile, un vortice che ti trascina giù e ti lascia senza fiato. La prima parte è un viaggio nella mente di Lars Hertervig, aspirante pittore, tormentato dal passato, dalle passioni e dall'amore, un viaggio in discesa, verso la follia. La scrittura di Fosse è ipnotica, ritmica, ripetitiva, ridondante. Il risultato è che ci si trova immersi nei pensieri del protagonista, nelle sue paure, nelle sue smanie, nei suoi loop mentali. È un po' come quando ti corichi la sera e osservi il buio, ricostruisci la tua giornata, poi pensi a ciò che devi fare, a cosa vorresti fare, a cosa gli altri vorrebbero che tu facessi, a come sono andate le cose, a come vorresti fossero andate, a cosa pensano gli altri, a cosa desideri, a cosa è reale e cosa non lo è. E tutto questo si mescola e ne esce un indecifrabile intruglio, un impasto di desideri, di visioni, di realtà alternative, di immagini inafferrabili. La seconda parte parla di uno scrittore che cerca di scrivere un libro sul pittore Lars Hertervig, ma si ritrova poi sconfitto dagli stessi drammi esistenziali. La terza parte (Melancholia II) ruota intorno a Oline, una sorella di Lars, che rivive episodi delle giovinezza del pittore e delle sua famiglia, le sue stranezze e le sue psicosi, ed è costretta a fare i conti con la morte e la vecchiaia. C'è una sensazione di ineluttabilità delle cose, di impotenza. È questa sensazione che mi lascia il romanzo di Fosse. L'impossibilità di afferrare e accettare una realtà, un destino. L'impossibilità di non soccombere ai nostri impulsi, ai nostri sogni, all'arte, alla follia.