domenica 19 aprile 2020

La Ratta

"Voi uomini c'eravate una volta. Siete dei fu, un ricordo di follia. Mai più daterete. Spenta ogni prospettiva... In futuro nient'altro che ratti." 
Davvero un osso duro questo libro. E' difficile parlarne, ancor di più azzardare un giudizio. Troppa carne al fuoco, troppo sconnesso, semplicemente troppo... Premetto che non conoscevo Gunter Grass e probabilmente partire da questo libro è stato avventato. Difficile anche dire se mi è piaciuto. Mi è piaciuto il messaggio, la sensazione di caos, la provocazione, il senso di impotenza di fronte a un destino immutabile: la fine della razza umana. Ho mal sopportato invece l'assoluta mancanza di una direzione, di una storia sopra le altre. Un uomo, in volo su una capsula spaziale, conversa in sogno con un ratto e da lui apprende l'estinzione del genere umano e i particolari della fine. Una guerra nucleare uccide ogni forma di vita, tranne i ratti, che grazie alle loro capacità trovano un modo per resistere alla distruzione. "Siamo sopravvissuti anche al diluvio universale, nonostante dio ci abbia negato l'accesso all'arca" dirà la Ratta all'uomo. Questo mi pare il filo conduttore, ma si intrecciano altre storie/sogno: un bosco incantato o disincantato, personaggi delle favole stravolgono i loro ruoli, cinque donne navigano alla ricerca di qualcosa, un pittore mostra il suo ingegno. I personaggi sono ambigui, sognano o sono sognati. Manca la terra sotto i piedi, non si sa a cosa ancorarsi. La distruzione del genere umano e il caos sembrano invadere anche il romanzo, trasformandolo in un guazzabuglio di storie strampalate. Però c'è questa cosa che scava: un uomo sogna un ratto ed è sognato lui stesso dal ratto. Solo questa frase vale la lettura. Un piccolo estratto in versi:

I nostri sogni si annullano.
Entrambi ben desti siamo
confrontati l'un l'altro
fino all'esaurimento.

Sognai un uomo,
disse il ratto che mi viene in sogno.
Lo catechizzai finché credette,
mi sognò e disse nel suo sogno: il ratto
del quale io sogno crede di sognarmi;
ci leggiamo così negli specchi
e c'interroghiamo.

Ma se per caso entrambi,
il ratto e io
fossimo un sogno
di una terza specie?

Alla fine, esaurite le parole,
vedremo che cosa è reale
e non solo umanamente possibile.

...Caro Gunter, mi hai fatto sudare.

martedì 7 aprile 2020

American Psycho

American Psycho - Bret Easton Ellis

Un inno alla superficialità. Un libro crudo, pieno di leggerezza, sangue, erotismo, culto del nulla. Ma non è tutto come sembra. Un giovane yuppy, bello, ricco, psicotico, passa le giornate tra il lavoro, la palestra, i più costosi ristoranti di Manhattan, i locali più "in". Sesso, alcool, cocaina, coltelli, asce, violenza gratuita. All'inizio ho fatto fatica a seguire, il tutto sembra girare intorno agli abiti di lusso, intere pagine su dettagliate descrizioni di capi firmati e prodotti per la cura del corpo. Ma piano piano si entra nella logica del protagonista, impersonificazione della leggerezza e della superficialità con cui si attraversano le vicende della vita. Un abito firmato, una bottiglia di champagne, la testa segata via a una prostituta, sono vissuti alla pari. Una continuo alternarsi tra l'ostentazione di ciò che si possiede e il desiderio di ciò che non si ha; tra come ci si mostra agli altri e come si vorrebbe essere. Il protagonista è un broker di successo dedito al lusso o un serial killer? O entrambe le cose? Anzi no, forse è un broker che sogna di essere un serial killer,oppure un massacratore di donne che sogna di essere un ricco yuppy newyorkese... Nel libro non c'è una vera spiegazione, ci sono tracce, situazioni strane, cose che non tornano, ognuno si fa un'idea. Un libro che ho giudicato male all'inizio ma che si è riscattato durante la lettura. Certo un libro spinto, non adatto ai ragazzi. Dico sempre che in tutti i libri c'è l'autore, la sua visione delle cose, della vita, più o meno celata. Beh, dopo aver letto questo, caro Bret, sono felice di non dover uscire a bere qualcosa con te...