giovedì 4 luglio 2019

Il primo uomo

First Man è la biografia di Neil Armstrong, primo uomo a poggiare piede sulla luna. Il libro in sé, soprattutto la prima parte dove è descritta la carriera aeronautica del protagonista, è un tantino pesante. Molto bella invece la seconda parte, dove è descritto lo sforzo ingegneristico della NASA, il sacrificio dei piloti, la volontà di fare la storia, i tentativi, l'allunaggio, il successo. E poi, alla fine, la storia di un uomo sopraffatto dalla notorietà, un uomo che ha fatto una cosa talmente grande che non può più aspirare a qualcosa di più alto ed è costretto a vivere il resto della sua vita nella condivisione di quel ricordo. E' una cosa che mi ha fatto molto riflettere. Anche se Armstrong si è sempre sentito come parte di un progetto (400.000 persone hanno lavorato direttamente o indirettamente per realizzarlo) e ha sempre tentato di puntare i riflettori sul significato di quella missione, ha dovuto subire il peso di essere considerato un eroe. Al di là del lato umano credo che portare l'uomo sulla luna sia stata una cosa fantastica, la cosa più importante che il genere umano abbia fatto. Perché concretizza agli occhi di tutti la possibilità di lasciare la terra. Perché dimostra che l'ingegno umano si può spingere a livelli altissimi e consentirci di lasciare la terra. A molti è sembrato un'inutile spreco di risorse, di vite umane. Io dico che le guerre, che combattiamo come squallidi burattini pilotati da chi detiene il potere economico, queste sì, sono un'inutile spreco di vite e di risorse. La conquista dello spazio è l'unica cosa veramente intelligente che l'uomo può e deve realizzare.