venerdì 26 aprile 2024

Camminare

Camminare - Thomas Bernhard

Si dice che camminare e pensare siano azioni collegate. Questo libro porta questo concetto al limite. Per me è il primo approccio con Bernhard. Mi avevano detto che era uno scrittore particolare, cerebrale, e sapevo di similitudini con Ion Fosse, che ho letto di recente. Tutto vero. Leggere Bernhard è come tuffarsi in un torrente senza salvagente. La corrente ti trascina ed è necessario tenersi a galla. Il libro è uno scambio di opinioni, in realtà unilaterale, tra due "camminatori", un unico racconto senza sosta, dall'inizio alla fine. Niente pause, niente capitoli, solo corrente, corrente di pensiero. E quando si pensa a fondo, ci dice Bernhard, bisogna fermarsi in tempo, non sperare in limite, peraltro invisibile, pena la pazzia.

"La natura non ha bisogno del pensiero, dice Oehler, è solo la presunzione umana a voler proiettare ininterrottamente nella natura il proprio pensiero."

"Quando abbiamo a che fare con le persone, abbiamo a che fare solo con cosiddette persone, come quando abbiamo a che fare con fatti, abbiamo a che fare solo con cosiddetti fatti, così come anche l'intera materia, poiché da altro non deriva se non dalla mente umana, è solo una cosiddetta materia, poiché, come sappiamo, tutto deriva dalla mente umana e da nient'altro, se comprendiamo il concetto di sapere e lo accettiamo come concetto da noi compreso. A questo pensiamo di continuo e se questo fondamento e su nient'altro ininterrottamente fondiamo tutto."

"Nulla è più istruttivo di vedere camminare uno che pensa, così come nulla è più istruttivo di veder pensare uno che cammina, per cui possiamo dire senz'altro che vediamo come pensa colui che cammina, così come possiamo dire che vediamo come cammina colui che pensa, perché vediamo camminare colui che pensa e viceversa vediamo pensare colui che cammina e cosi via. Camminare e pensare sono in rapporto costante di reciproca intimità. La scienza del camminare e la scienza del pensare sono in fondo un'unica scienza."

"Quando ci osserviamo, in fondo non osserviamo mai noi stessi, bensì sempre un altro "

"Noi stessi non ci vediamo, non ci è mai data la possibilità di vedere noi stessi. Ma non possiamo neppure spiegare a un altro come è lui, perché possiamo spiegargli soltanto come noi lo vediamo, il che probabilmente corrisponde a quello che è, ma che noi non possiamo spiegare dicendo: lui è così."

"Le circostanze sono tutto, noi non siamo nulla."



domenica 21 aprile 2024

Gli Iperborei

Gli Iperborei - Pietro Castellitto

Le disavventure di un gruppo di giovani ricchi, figli di imprenditori e politici della Roma bene, tra viaggi, feste e abusi. Tanti soldi in tasca e una vita leggera, quasi a sorvolare il mondo e le sue costrizioni, questi ragazzi sono votati più all'ostentazione del lusso che non a un fine. Tra auto sportive, barche, coca e calici di champagne si consumano le esistenze di questi giovani adulti, che con il loro cinico distacco riescono a vedere tutto con il potere che solo la noia può donare. All'inizio del romanzo Castellitto ci chiarisce chi erano gli Iperborei, con una citazione di Plinio il Vecchio:
"Qui trascorrono lunga vita quelli che furono chiamati Iperborei, popolo felice, celebrato per favolosi miracoli. Essi hanno per casa boschi e foreste, la discordia e ogni malattia sono loro sconosciute. Stanchi della vita, gli Iperborei si uccidono gettandosi in mare da una rupe: lietissimo è questo genere di sepoltura."
E' chiaro il riferimento ai personaggi del libro, pervasi dalla noia, annebbiati dal potere e stanchi della vita. Alla fine solo la morte e il lutto che ne deriva sembrano dare un senso alla loro esistenza.

domenica 7 aprile 2024

Settologia III-V

Io è un altro - Ion Fosse

Continua il viaggio nei pensieri che affollano la mente di Asle, il pittore. Asle incontra se stesso e incontra persone che hanno lo stesso nome, persone che si somigliano eppure sono diverse, in un continuo alternarsi di "ego" e "alter ego". Tutta la vita è memoria e forse siamo noi a decidere cosa ricordare, a costruire la nostra presenza attuale. Siamo in continuo mutamento, un esercito di "me stesso". Vale naturalmente quello che ho già scritto nel commento delle prime due parti della Settologia di Fosse, che si può leggere qui: https://brambo70.blogspot.com/2024/02/settologia-i-ii.html.

"Lungo è il tempo necessario, ma alla fine il vero emergerà."

"...quando parliamo, dobbiamo ricorrere alle parole, per quanto esse siano in grado di esprimere così poco, quasi niente, e in un certo senso tanto più dicono tanto meno lo fanno."



mercoledì 6 marzo 2024

Una squadra

Una squadra - Domenico Procacci

Un libro nostalgico, sul tennis che fu e sullo spirito di squadra. Lo spirito di squadra non è una cosa scontata per uno sport individuale e solitario come il tennis. Se avete un po' di anni è un libro per ricordare i tempi in cui il tennis era sì preparazione atletica e agonismo, ma era anche avventura e goliardia. Come in tutti gli sport con attrezzo, i mezzi erano più limitati e il fattore “umano” era una variabile pesante, anche se, a onore del vero, il tennis mantiene anche oggi questa caratteristica. Per i più giovani è un libro che da modo di scoprire come veniva vissuto il tennis in quegli anni, gli anni in cui l'Italia vinceva la prima coppa Davis.

venerdì 1 marzo 2024

Al culmine della disperazione - E.M. Cioran

Scrive Cioran a proposito dell'insonnia: (...)durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un’interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine. Ecco in quale condizione di spirito ho concepito questo libro, che è stato per me una specie di liberazione, di esplosione salutare. Se non lo avessi scritto, certamente avrei messo fine alle mie notti.

E' toccante pensare che un ragazzo di poco più di vent'anni possa scrivere un testo come questo. Non è difficile credere che la capacità di mettere sulla carta i suoi pensieri abbia salvato la vita a Cioran. Qui si arriva al fondo, ci si rende conto dell'inutilità di ogni cosa e si comprende che il detto "una volta toccato il fondo puoi solo risalire" è solo un detto. La realtà è che si può toccare il fondo, il "culmine della disperazione", e lì rimanere, per sempre. Non è una letture semplice, né veloce, nonostante la brevità. I pensieri di Cioran vi negheranno ogni speranza, ma è bello affondare insieme a lui, consapevoli che quella tristezza e quel senso di impotenza appartengono anche a noi tutti.

"Ignoro totalmente perché bisogna fare qualcosa su questa terra, perché bisogna avere amici e aspirazioni, speranze e sogni. Non sarebbe mille volte preferibile ritirarsi in disparte dal mondo, dove non giungesse neppure l’eco del suo frastuono e delle sue complicazioni? Rinunceremmo così alla cultura e alle ambizioni, perderemmo tutto senza ottenere niente. Ma che cosa si può ottenere in questo mondo?"

"Ciascuno resta con la sua sofferenza, che ritiene assoluta e sconfinata. Se anche pensassimo a quanto il mondo ha sofferto finora, alle agonie più terribili e alle torture più raffinate, alle morti più cruente e agli abbandoni più dolorosi, a tutti gli appestati, agli arsi vivi o alle vittime della fame, la nostra sofferenza ne risulterebbe alleviata? Nessuno potrebbe trovare consolazione, durante l’agonia, nel pensiero che tutti sono mortali; così come, soffrendo, non si potrebbe trovare conforto nella sofferenza - passata o presente - degli altri."

"Sono certo di non essere assolutamente nulla nell’universo, ma sento che la mia esistenza è la sola reale. E se fossi costretto a scegliere tra l’esistenza del mondo e la mia, eliminerei la prima, con tutte le sue luci e le sue leggi, per volarmene tutto solo nel nulla. Benché la vita per me sia un supplizio, non posso rinunciarvi, perché non credo nell’assoluto di valori in nome dei quali sacrificarmi. A essere sincero, dovrei dire che non so perché vivo, né perché non cesso di vivere. Con tutta probabilità, la chiave risiede nell’irrazionalità della vita, la quale fa sì che questa si mantenga senza ragione."

"Il lavoro, che dovrebbe essere nel suo senso più alto un processo di continua trasfigurazione, è diventato un mezzo di esteriorizzazione, che allontana l’uomo dal centro del suo essere. Non per niente il lavoro è giunto a designare un’attività esclusivamente esteriore. Così l’uomo non si realizza, ma realizza. Il fatto che ognuno debba avere un’occupazione e fare suo uno stile di vita che quasi mai gli si attaglia è l’espressione di questa tendenza ad abbrutirsi con il lavoro. Lavorare per vivere, ecco una fatalità che per l’uomo è più dolorosa che per l’animale. Perché se per quest’ultimo l’attività è così connaturata da non risultare separata dalla sua esistenza, l’uomo vede invece l’insieme delle forme di lavoro come un pesante aggravio. La frenesia del lavoro testimonia in lui un’inclinazione verso il male, nel caso in cui questo sia inevitabile. E nel lavoro l’uomo dimentica se stesso."

"La tragedia dell’uomo, animale separato dalla vita, sta nel fatto che non può più rimanere soddisfatto dei dati e dei valori di questa. Ogni essere può vivere perché per lui l'esistenza di cui fa parte ha un carattere assoluto. Ma per l’uomo la vita non è un assoluto. Per l’animale essa è tutto; per l’uomo è un punto interrogativo. Punto interrogativo definitivo, giacché egli non ha mai ricevuto né riceverà mai risposta alle sue domande. Non solo la vita non ha alcun senso, ma non può averne uno."

"Tutto è possibile e niente lo è; tutto è permesso e niente. Qualsiasi direzione s’imbocchi non sarà migliore di un’altra. Realizzare qualcosa o niente, credere o no, è lo stesso, come lo è tacere o gridare. Si può trovare una giustificazione a ogni cosa, come si può non trovarne alcuna. Tutto è nello stesso tempo irreale e reale, naturale e assurdo, straordinario e piatto. Nessuna cosa può essere anteposta a un’altra, come nessuna idea è migliore di un’altra. Perché rattristarsi della propria tristezza, e gioire della propria gioia? Che importa se le nostre lacrime sono di piacere o di dolore? Ama la tua infelicità e detesta la tua felicità, mescola tutto, confondi tutto. Rinuncia alle distinzioni, alle differenziazioni e ai piani. Sii come una piuma sospinta dal vento o un fiore portato dalle onde. Resisti quando non serve e sii vile quando bisogna resistere. Chissà se in questo modo non ci guadagni? E se così non fosse, che importa se ci perdi? C’è forse qualcosa da guadagnare o da perdere in questo mondo? Ogni guadagno è una perdita, come ogni perdita è un guadagno. C’è forse una ragione per aspettare un determinato atteggiamento, idee precise e parole appropriate? Sento che dovrei sputare fuoco a mo’ di risposta a tutte le domande che mi sono state o non mi sono state mai poste."

lunedì 26 febbraio 2024

Jump!

1984-2024

Voglio celebrare con un ricordo il quarantesimo anniversario di un disco per me importante. Importante perché quarant'anni fa entravo per la prima volta in un negozio di dischi, avevo tredici anni, presto quattordici, e compravo il mio primo disco anzi, la mia prima musicassetta. Ho consumato quella cassetta con un vecchio mangianastri (all'epoca non avevo nemmeno un walkman) e ancora la ricordo a memoria. Quest'anno, per celebrare questo ricordo, mi accingo ad acquistare una ristampa in vinile di questo disco. Non vedo l'ora di farlo girare e cadere nei meravigliosi ricordi degli anni '80, quando iniziai ad ascoltare la musica. 

domenica 11 febbraio 2024

Settologia I-II

L'altro nome - Ion Fosse

Le vite di Asle e Asle si avvicinano, si toccano, si allontanano, si avvicinano di nuovo, poi si intersecano, come si intersecano le due linee di colore indefinito che Asle ha dipinto nel suo nuovo quadro. Più ci si inoltra nella narrazione e più ci si rende conto che tutto converge "dentro" Asle, in un misto di presente, passato e speranza. Un Asle in formato "multiverso". Mi è tornata alla mente questa parola, che ho letto in qualche saggio sulla meccanica quantistica, e trovo che si adatti perfettamente a quello che si prova navigando questo romanzo. Il fisico Everett, aveva per primo ipotizzato la possibilità che l'osservazione di un evento e la sua misurazione, potessero dare origine a una quantità di universi alternativi o paralleli. Non serve addentrarsi oltre; quello che ci interessa è la teoria secondo la quale si possano vivere vite alternative, vite che, come linee su un foglio, possono avvicinarsi, magari intersecarsi, oppure non toccarsi mai. Leggendo questo libro mi sono ritrovato a pensare che tutte queste vite diverse possono convivere nella nostra mente. Come se ci fosse un "chi siamo", un "chi vorremmo essere" e un "chi potremmo essere". E ancora un "chi eravamo" e un "chi saremo". E nella nostra mente (o nella mente di Asle), tutte queste vite si sovrappongono, convergono, si toccano. La nostra esperienza del mondo è la somma di tutto questo e la parola "realtà" al singolare, perde ogni senso.
Tutto ciò che vediamo è una nostra visione, tutto è di fatto "noi".
Protagoniste del libro sono l'arte (la pittura in questo caso),la fede e il passato.
La pittura è il processo creativo che permette al pittore di trasporre sulla tela la sua visione. Bellissime le descrizioni all'inizio del libro, quando Asle spiega (più a se stesso che a noi) il meccanismo che lo porta a vedere certe immagini in movimento come se fossero ferme, una fotografia che gli si stampa nella mente. E su quella fotografia mentale si sviluppa la fantasia del pittore che ridarà movimento a un'immagine ferma, e ne sarà perseguitato fino a che non se ne potrà liberare trasferendola su una tela bianca.
La percezione del tempo gioca un ruolo fondamentale nel libro di Fosse. Ci sono vari flashback sul passato di Asle, ricordi che costruiscono il suo essere e ne mettono in discussione l'identità. Questo è un punto fondamentale; noi siamo abituati a codificare il tempo con passato, presente e futuro, ma esiste un solo tempo: il passato. Siamo semplicemente costituiti e definiti dai nostri ricordi, non c'è altro.

La prosa di Fosse, come avevo già sperimentato in Melancholia e probabilmente qui ancora di più, è un viaggio senza sosta, un dialogo interiore continuo, un flusso di pensiero, o di memoria, che non accetta interruzioni. Niente pause, poca punteggiatura, insomma un testo che richiede un certo impegno di lettura. Rende al meglio se ci concediamo tempi di lettura un po' lunghi, perché non ci sono capitoli o cambi di argomento e tutto questo frullare di pensieri è come un'onda e, se gli dai il tempo di trascinarti con se e ti lasci trasportare, tutto suona meglio.
Introspezione, sogno, arte.
E' bello lasciarsi leggere da questo libro, proprio bello.

"...in quel momento si sente colmare da una sorta di felicità e pensa che forse da qualche parte esiste un nulla vuoto, una luce vuota e se tutto potesse essere davvero così? immagina, essere una luce vuota? pensa, come sarebbe se esistesse un posto così? nel suo vuoto, nel suo vuoto luminoso? nel suo nulla?"

" ...perché non ero in grado di condividere il suo dolore con lui? condividere la sua sofferenza, ma cosa intendo dire quando ho di questi pensieri? tutto sommato si tratta solo di modi di dire, condividere il dolore, condividere la sofferenza, sono modi di dire, come se fosse facile condividere il dolore, condividere la sofferenza..."

"Rimango semplicemente seduto a guardare in questo nulla vuoto e in un certo senso sono il nulla vuoto che sto fissando."

martedì 23 gennaio 2024

L'educazione delle farfalle

L'educazione delle farfalle - Donato Carrisi

Non potevo non leggere l'ultimo parto della mente di Carrisi, dato che nel suo filone lo ritengo un asso. La più grande dote di Carrisi-scrittore è quella di saper tenere sempre alta la suspense, infliggere il dubbio, con quella sua scrittura semplice e tagliente al punto giusto. La storia monta piano piano, le carte si girano una alla volta, salvo poi essere sparpagliate dal vento, raccolte da terra e rimesse sul tavolo in un modo diverso, con altra logica, con nuovo senso. Quello di scompigliare tutto è un altro dei tratti tipici di Carrisi. Forse ne abusa un po', rendendo qualche volta le situazioni poco verosimili, drogando un po' la narrazione con eventi poco probabili. Ma poi, ci viene da dire, chissenefrega... perché la vita è anche così, a volte piatta e insignificante, a volte piena di sorprese e di coincidenze. La scrittura è molto "scenografica", capace di evocare immagini. Chissà se anche questo libro ispirerà un film, di sicuro molte scene le vivrete in anteprima leggendo il libro. Vorrei aggiungere qualcosa sulla trama e soprattutto sul finale, che dividerà molto i lettori e che evoca un seguito, ma è davvero impossibile non spoilerare il contenuto, quindi non dirò niente. Vale la pena leggerlo senza sapere nulla. Non il migliore Carrisi che ho letto, ma sempre piacevole.

"Solo le madri riuscivano a pensare a un figlio come a un peso e anche come a una benedizione. Solo le madri riuscivano a voler bene e insieme a detestare il frutto del proprio ventre. Solo una madre poteva comprendere come fosse possibile un simile compromesso fra odio e amore. E solo una madre, dopo aver perso un figlio, poteva salvare la propria coscienza da una simile contraddizione."

"Noi pensiamo di rammentare il passato, ma il più delle volte non è così: se avessimo una macchina del tempo e potessimo guardare indietro, ci renderemmo conto che quelli che chiamiamo ricordi corrispondono solo in parte a ciò che è realmente accaduto."


domenica 14 gennaio 2024

Doppio sogno

Doppio sogno - Arthur Schnitzler

Arthur Schnitzler è stato scrittore e medico, contemporaneo di Freud. Si dice che quest'ultimo fu attratto da Schnitzier perchè era in grado di mettere sulla carta le ossessioni e le teorie del padre della psicanalisi. Non sapevo che il romando breve "Doppio sogno" avesse ispirato Stanley Kubrick per il suo film "Eyes wide shut", ma lo si intuisce subito dalle prime pagine. Il libro mette in scena la crisi di una coppia, il desiderio, il tradimento, ma più di ogni altra cosa mette in dubbio la consistenza della realtà. Due coniugi si raccontano strane, erotiche esperienze vissute nei sogni e nella realtà. Le confessioni scambiate mettono in crisi il loro matrimonio, come se il sogno invadesse la realtà, come se un tradimento consumato nel mondo dei sogni fosse un tradimento reale. Ma i sogni sono meno reali di quella che definiamo realtà? Sogniamo o siamo sognati? 

"Nessun sogno è soltanto un sogno."

venerdì 5 gennaio 2024

Melancholia

Melancholia I-II - Ion Fosse

Dopo l'assegnazione del Nobel per la letteratura, ero curioso di leggere qualcosa di Fosse. C'è poco di tradotto in italiano ma ora si inizia a pubblicare qualcosa. Scelgo Melancholia e mi immergo. Ed è un'immersione vera, ve lo giuro. Fosse è un fiume in piena, un continuo flusso di pensiero, inarrestabile, un vortice che ti trascina giù e ti lascia senza fiato. La prima parte è un viaggio nella mente di Lars Hertervig, aspirante pittore, tormentato dal passato, dalle passioni e dall'amore, un viaggio in discesa, verso la follia. La scrittura di Fosse è ipnotica, ritmica, ripetitiva, ridondante. Il risultato è che ci si trova immersi nei pensieri del protagonista, nelle sue paure, nelle sue smanie, nei suoi loop mentali. È un po' come quando ti corichi la sera e osservi il buio, ricostruisci la tua giornata, poi pensi a ciò che devi fare, a cosa vorresti fare, a cosa gli altri vorrebbero che tu facessi, a come sono andate le cose, a come vorresti fossero andate, a cosa pensano gli altri, a cosa desideri, a cosa è reale e cosa non lo è. E tutto questo si mescola e ne esce un indecifrabile intruglio, un impasto di desideri, di visioni, di realtà alternative, di immagini inafferrabili. La seconda parte parla di uno scrittore che cerca di scrivere un libro sul pittore Lars Hertervig, ma si ritrova poi sconfitto dagli stessi drammi esistenziali. La terza parte (Melancholia II) ruota intorno a Oline, una sorella di Lars, che rivive episodi delle giovinezza del pittore e delle sua famiglia, le sue stranezze e le sue psicosi, ed è costretta a fare i conti con la morte e la vecchiaia. C'è una sensazione di ineluttabilità delle cose, di impotenza. È questa sensazione che mi lascia il romanzo di Fosse. L'impossibilità di afferrare e accettare una realtà, un destino. L'impossibilità di non soccombere ai nostri impulsi, ai nostri sogni, all'arte, alla follia.