venerdì 28 giugno 2024

Lacrime e santi

Lacrime e santi - E.M. Cioran

Il nichilismo di Cioran fa tappa nella cerchia dei santi. Dissertazioni su dio e presunte santità. Solo chi soffre e versa lacrime è in odore di santità. Dio è nulla, eppure necessario. Cioran è il re della negazione di ogni concetto. Chiedetegli se dio esiste e vi dirà di no, ditegli che non esiste e vi dirà che vi sbagliate. C'è del vero in ogni cosa e nel contrario di ogni cosa.
Frasi veloci e taglienti. Chi ha già letto Cioran sa: lapidario.

"Non la conoscenza ci avvicina ai santi, bensì il destarsi delle lacrime che dormono nel più profondo di noi. Soltanto allora, grazie alle lacrime, approdiamo alla conoscenza e comprendiamo come si possa diventare santo dopo essere stato uomo."

"I vagabondi, che si rifiutano di morire nel loro letto, si potrebbe dire che non muoiano affatto. Si muore soltanto distesi, in quella lunga preparazione con la quale chi vive sconta, goccia a goccia, la propria morte. Quando non c’è niente che ci leghi a un posto, che rimpianti si possono avere negli ultimi istanti? I vagabondi avrebbero dunque scelto la propria sorte per evitare nell’agonia la tortura dei rimpianti? Raminghi in vita, restano dei vagabondi in morte."

"Il mondo moderno ha ceduto alla seduzione delle cose finite."

"Signore, sei tu nient’altro che un errore del cuore, come il mondo è un errore della mente?"

"Si crede in Dio soltanto per evitare il monologo tormentoso della solitudine. A chi altri rivolgersi? Si direbbe che Egli accetti volentieri il dialogo e non ci serbi rancore per averlo scelto come pretesto teatrale dei nostri scoramenti."

"Più la memoria è fresca e in buona salute, meglio aderisce alle apparenze, all’immediato. La sua archeologia ci svela documenti su un altro mondo a discapito di questo."

"Tra il niente e Dio c’è meno di un passo, perché Dio è l’espressione positiva del niente."

"L’idea di Dio è la più pratica e la più pericolosa che mai sia stata concepita. Grazie ad essa l’umanità si salva o si perde."

"Vi siete mai guardati allo specchio quando tra voi e la morte non si frappone più niente? Avete interrogato i vostri occhi? Avete capito, in quel momento, che non potevate morire? Le pupille dilatate dal terrore vinto sono più impassibili delle piramidi. Una certezza nasce dalla loro immobilità, una certezza strana e tonificante nel suo lapidario mistero : tu non puoi morire. È il silenzio degli occhi, è il nostro sguardo che incontra se stesso, calma egizia del sogno davanti al terrore della morte. Quando questo terrore vi coglie, guardatevi nello specchio, interrogate i vostri occhi, e capirete perché non potete morire, perché non morirete mai. I nostri occhi sanno tutto. Imbevuti del nulla ci assicurano che niente ci può più accadere."

"Che cosa è Dio, se non un momento sul limitare della nostra distruzione? E che cosa importa se esiste o no, se per suo mezzo la nostra lucidità e la nostra follia si bilanciano e noi ci plachiamo avvinghiandoci a lui con passione assassina?"

"Quando siamo per strada, il mondo sembra più o meno esistere. Ma se guardiamo dalla finestra, tutto diventa irreale. Com’è possibile che la trasparenza di un vetro basti a separarci fino a questo punto dalla vita? In realtà, una finestra ci allontana dal mondo più del muro di una prigione. A forza di guardare la vita, si finisce per dimenticarla."

"Qualunque sia il livello della vostra cultura, se non riflettete intensamente alla morte siete un individuo dappoco. Un grande scienziato - che non sia nient’altro - è di molto inferiore a un ignorante che sia assillato dalle questioni supreme."

"L’imbarazzo che proviamo davanti agli infelici è l’espressione della nostra certezza che la sofferenza costituisce il segno distintivo di un essere, la sua originalità. Non si diventa, infatti, uomo grazie alla scienza, all’arte o alla religione, ma grazie al rifiuto lucido della felicità, alla nostra fondamentale incapacità di essere felici."


sabato 1 giugno 2024

Il nostro grande niente

Il nostro grande niente - Emanuele Aldrovandi

Ho acquistato questo libro a un festival letterario, dopo aver ascoltato la presentazione di Aldrovandi. Una bella intervista, nella quale il drammaturgo e scrittore, molto bravo con le parole, è riuscito a farmi venire una gran voglia di leggere il suo libro. Si parla di morte, argomento principe, nonché motore della nostra esistenza... potevo non leggerlo? 
Non si può dire molto sulla trama e la costruzione del libro, per non rovinare le sorprese a chi non lo ha letto. Posso dire quello che mi è rimasto dopo la lettura di questo romanzo: un senso di impotenza di fronte alla perdita dei ricordi e della vita. Mi resta (vedi D.F.Wallace) la certezza che presto moriremo, e morirà tutto quello che aveva a che fare con noi, moriranno le persone che conoscevamo, si sfalderanno gli oggetti che abbiamo toccato, diverrà polvere la nostra lapide, moriranno tutti quelli che in qualche modo si ricordavano di noi dopo la nostra morte, poi moriranno i loro figli, i nostri, e i figli dei nostri figli. E di noi non resterà nulla, sarà come se non fossimo mai esistiti. Le persone si dimenticano, gli amori si dimenticano. Tutto questo è di una tristezza infinita, eppure lo trovo in qualche modo consolatorio. Si va avanti finché si può, cercando qualche appiglio, cercando di capire. Poi il nulla.

"Non è durato il tempio di Zeus e non dureranno neppure le piramidi, il Colosseo, la Tour Eiffel, il ponte di Brooklyn. Faranno la stessa fine le tragedie greche, i quadri di Picasso, le canzoni di Bob Dylan, i romanzi di Dostoevskij e i film di Kubrick. Ma non solo, anche i canestri di Michael Jordan, i dribbling di Maradona, i racconti bellici di Giulio Cesare, i discorsi di Martin Luther King, le proteste pacifiche di Gandhi, la scoperta della penicillina, la filosofia, la scienza, la pornografia, il primo fuoco, la prima ruota, il primo treno, il primo viaggio sulla Luna, tutte le imprese che l’umanità ha fatto e tutte quelle che potrà fare, sia le piú grandi che le piú piccole. Prima o poi ognuna di queste cose sparirà. Sciolta dal tempo. Senza lasciare traccia. Anche l’amore fra Dante e Beatrice. Anche il nostro, indipendentemente da qualsiasi cosa io possa scrivere."

"...viviamo in una società profondamente ingiusta in cui certe persone, come noi, hanno avuto il culo di essere al riparo da minacce impellenti tipo la malaria o le missioni di pace americane. Questo ci dà il tempo di pensare alla nostra vita e di darle un grande valore, per cui è normale che poi l’idea di perderla ci sembri la fine del mondo. Ma nonostante questo, succede lo stesso. C’è poco da fare."

"Nel mio cervello non ci sono frasi di senso compiuto tipo: «Sono contento», «Non sono contento», «Sto bene», «Sto male», «Sono sincero», «Sto facendo finta», ma solo sinapsi che si uniscono e ghiandole che rilasciano sostanze. L’unico modo per sapere veramente cosa succedeva sarebbe stato aprirmi la testa in due e poi avere strumenti abbastanza precisi da poter dissezionare ogni piccolo movimento. Però anche a quel punto, per parlarti di ciò che avevo dissezionato, avrei dovuto usare delle parole che comunque sarebbero state metaforiche, incomplete, arbitrarie e allusive."

"Ci raccontiamo tante cose, ma in fin dei conti non siamo altro che post-scimmie. Mangiamo, godiamo e ci battiamo i pugni sul petto. Tutto il resto è maquillage sociale."

"Le nostre tappe evolutive si sono fondate su questo, sul rifiuto del nostro destino naturale, cioè la morte. [...] Lottare contro la natura è una caratteristica «naturale» della nostra specie. Forse la principale."